Roma. I numeri incisi sulle arcate del Colosseo erano colorati di rosso per essere visibili anche da lontano. La nebulizzazione d’acqua che sta rimuovendo lo sporco e lo smog depositato sul prospetto dell’Anfiteatro Flavio ha restituito traccColosseoe di colore piccole, ma inequivocabili. Per Rossella Rea “e’ una scoperta eccezionale, perche’ non ci aspettavamo che qualche traccia di rosso fosse ancora conservata”. Dal quarto piano del ponteggio di restauro i tecnici della Soprintendenza possono osservare da vicino i numeri incisi con lo scalpello per un’altezza di 34 cm e una profondita’ media di 2 cm. Le piccole parti di colore rosso sono ben saldate alle scanalature a forma di X, L e I – a formare le insegne dei fornici che vanno dal 39 al 42 (XXXVIIII e XLII per la numerazione romana). Teatro della scoperta e’ il I ordine del Colosseo, prospetto nord, quello che conserva la corona esterna del monumento con le arcate che accoglievano gli spettatori per le esibizioni susseguitesi dal I secolo agli inizi del VI.

“Solo quattro fornici non erano contrassegnati da numeri – spiega il direttore del Colosseo – giacche’ gli imperatori e le autorita’ godevano del privilegio di entrare dalle arcate poste sull’asse minore dell’ellisse, mentre quelle collocate sull’asse maggiore erano riservate ai protagonisti degli spettacoli. Ma le oltre 50mila persone convenute per ogni spettacolo dovevano invece individuare con precisione quale, tra gli altri 76 ingressi, fosse il proprio.

Ciascuno doveva mettersi in coda sotto l’arcata che mostrava lo stesso numero riportato sulla propria tessera”. Il colore rosso facilitava l’individuazione dell’arcata da lontano, oltre a essere uno dei colori piu’ amati dalla Roma imperiale. La massima visibilita’ veniva, percio’, ottenuta con la ‘rubricatura’ (da ruber, rosso), colorando con il rosso la scanalatura di ogni numero. “Ai numeri esterni, sul prospetto – spiega ancora Rea – corrispondevano anche numerazioni e indicazioni scritte all’interno dell’anfiteatro, questa volta dipinte sulla superficie della pietra. Ne e’ stata attestata la presenza all’inizio del 20esimo secolo: con i lavori del terzo appalto sponsorizzato dal gruppo Tod’s, quindi con la pulitura delle superfici nelle gallerie interne al Colosseo, probabilmente troveremo tracce colorate anche di queste indicazioni”. Altri metodi epigrafici pure in uso, lettere in bronzo o in ottone, non sono testimoniati sulle arcate del Colosseo. Non risultano infatti rinvenimenti di parti metalliche o di fori di ancoraggio, indispensabili per fissare le lettere sulla parete verticale. “E’ un colore che deriva dall’ossido di ferro, ricavato dall’argilla – spiega Cinzia Conti, responsabile delle operazioni di restauro delle superfici – le cui proprieta’ plastiche consentivano di stendere il rosso senza la necessita’ di alcun materiale legante. Il colore poteva resistere due o tre anni e doveva dunque essere riapplicato periodicamente sui numeri delle arcate di ingresso del Colosseo. La riproposizione della coloritura e’ testimoniata da altre epigrafi, sulle quali abbiamo constatato la presenza di diversi strati di colore in sovrapposizione”. “La conservazione di queste pur minime tracce, dopo la pulitura del travertino, conferma la delicatezza dell’intervento di restauro portato a termine dalla Soprintendenza. La nebulizzazione d’acqua – conclude Conti – rimuove lo sporco e il nero dello smog, ma preserva le testimonianze antiche sottostanti”.

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